LGBTQ+: Iter legale per la riassegnazione di genere
“Trans”, “transessuale”, “transgender”, sono termini che utilizziamo nel nostro linguaggio giornaliero… ma sappiamo davvero utilizzarli?
Dopo aver parlato precedentemente di queer in questo articolo, adesso partiamo insieme dalla base:
SAPPIAMO COS’È L’IDENTITÀ DI GENERE?
È la maniera in cui una persona percepisce se stessa (ha quindi a che fare con l’autodeterminazione del soggetto): è il genere nel quale la persona si identifica.
Nelle persone transgender l’identità di genere (quindi il modo in cui la persona si percepisce) non coincide con il sesso biologico di nascita e con le caratteristiche sessuali attribuite alla nascita (e quindi nemmeno con il sesso biologico riportato sui propri documenti di riconoscimento!).
C’È UNA DIFFERENZA TRA IL TERMINE “TRANSGENDER” ED IL TERMINE “TRANSESSUALE”?
Sì.
Con il termine “transgender” si indicano le persone che si riconoscono in un genere sessuale diverso da quello biologico di nascita ma che non hanno intrapreso un percorso di transizione “esterno” (o perché lo dovranno intraprendere in futuro o perché non hanno il desiderio di intraprenderlo).
Se il comportamento della persona transgender è caratterizzato da una non accettazione del proprio sesso biologico di nascita o se attraverso una transizione di genere ha assunto i caratteri somatici dell’altro sesso, allora si utilizza il termine “transessuale”.
In realtà oggi è consigliabile utilizzare il termine “trans” in modo tale da includere tutte le differenze e possibilità!
N.B. Si tratta in ogni caso di aggettivi: si dice, quindi, “persona trans” e non “trans”!
IN COSA CONSISTE IL PERCORSO DI TRANSIZIONE?
Il percorso di transizione per il cambio sesso in Italia prevede oggi tre step “più uno” (oggi solo eventuale):
- Un percorso psicologico
- Una terapia ormonale
- Un iter legale in Tribunale
(+1) Un intervento chirurgico (eventuale!!)
Soffermiamoci sul terzo step.
COSA POSSO FARE DAL PUNTO DI VISTA LEGALE?
La prima legge in Italia sul cambio di sesso è stata la l. n. 164/1982. Questa legge però prevedeva l’obbligatorietà dell’operazione chirurgica per poter procedere alla modifica dei propri documenti e del proprio nome.
Era necessario, infatti, attivare ben due procedimenti dinanzi il Tribunale: uno per chiedere l’autorizzazione all’intervento chirurgico di riassegnazione di genere, l’altro (possibile solo dopo l’operazione) per chiedere l’autorizzazione a cambiare nome e sesso sui propri documenti di identità.
In assenza di operazione chirurgica non si poteva procedere per richiedere la modifica dei documenti.
Una legge successiva ha tentato di fare chiarezza ma, purtroppo, non c’è riuscita…
Nel 2015 è finalmente intervenuta la giurisprudenza italiana (sent. Corte Costituzionale n. 221/2015 e sent. Corte di Cassazione n. 15138/2015)!
L’intervento chirurgico per il cambio di sesso, oggi, non è più obbligatorio ma rappresenta una scelta soggettiva!
È possibile infatti che il soggetto trans non desideri (o non possa) modificare i propri caratteri sessuali chirurgicamente, ma voglia modificati soltanto i propri dati nei documenti di identità.
Potrà dunque presentare, al Tribunale competente e con l’ausilio di un avvocato, direttamente un ricorso per richiedere la relativa autorizzazione, senza dover prima affrontare un’operazione chirurgica (che diventa dunque opzionale).
N.B. Con l’autorizzazione del Tribunale è possibile modificare tutti i documenti dai quali si evince il genere sessuale del soggetto (non soltanto i documenti di identità, la patente, il certificato di nascita…ma anche – ad esempio – il diploma e la laurea!). Con la rettificazione del sesso anagrafico infatti la precedente identità sessuale viene sostituita.
E SE VOGLIO PROCEDERE ALL’OPERAZIONE CHIRURGICA?
Come abbiamo detto, l’operazione chirurgica per cambiare le proprie caratteristiche sessuali oggi non è più necessaria per poter chiedere la rettifica della documentazione anagrafica e di tutti i documenti identificativi. Se però si vuole procedere all’operazione chirurgica è necessaria la previa autorizzazione da parte del Tribunale competente che dovrà emettere, una volta comprovata la disforia di genere della persona e l’irreversibile immedesimazione della persona nel genere percepito, una sentenza in favore dell’intervento chirurgico.
POSSO CHIEDERE CONTESTUALMENTE SIA L’AUTORIZZAZIONE ALL’INTERVENTO CHIRURGICO SIA L’AUTORIZZAZIONE ALLA MODIFICA DEI MIEI DOCUMENTI?
Sì. È possibile chiedere al Tribunale competente le autorizzazioni mediante un unico giudizio.
Tuttavia, è bene specificare, la sentenza “contestuale” purtroppo non è oggi ancora adottata in tutti i Tribunali italiani ma nella maggior parte di questi.
A CHE ETÀ POSSO CHIEDERE L’AUTORIZZAZIONE ALL’INTERVENTO CHIRURGICO PER DISFORIA DI GENERE?
Per poter procedere all’operazione chirurgica, come abbiamo visto, è necessaria l’autorizzazione del Tribunale competente. Non esiste tuttavia un’età minima prevista ex lege, pertanto la decisione spetta al giudice che deve valutare caso per caso.
Alcuni Tribunali però ultimamente hanno posto come limite di età minimo la maggiore età (18 anni). Nulla esclude tuttavia che l’autorizzazione (o le autorizzazioni) possa essere concessa prima (sempre valutando il caso concreto); in Italia però, al momento, non ci sono precedenti relativi a minori di anni 14.
SE SONO MINORENNE COME POSSO CHIEDERE L’AUTORIZZAZIONE IN TRIBUNALE?
Per i minori che sono supportati dai propri genitori, nella propria scelta di intraprendere il percorso di transizione, non vi è alcuna difficoltà in tal senso. Sarà il genitore, esercente la responsabilità genitoriale, a supportare il figlio.
I minori che, invece, non hanno il supporto dei genitori e che non vogliono attendere il compimento della maggiore età (per poter adire il Tribunale autonomamente!) potranno rivolgersi al Tribunale per i minorenni ed al Giudice tutelare competenti per la nomina di un curatore speciale.
*Un articolo di Claudia Vitale, avvocato ed esperta di questioni di genere.