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Capitolo 8: altri incontri altre storie…

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Capitolo 8: altri incontri altre storie…

Una mattina mi sveglio e sento che è il momento di proseguire il viaggio. Sono drogata di storie, devo raccoglierne sempre più, coprire più km. Saluto S. e tutta la famiglia, il padre con la sua espressione umile e tenera, il fratello con le sue visioni rassegnate e l’umorismo come antidoto, la mamma con la gentilezza e la passione. Abbraccio S. è triste perchè le tenevo compagnia ma sa che la sua finestra sul mondo non smetterà di scriverle.

il vicino mi lascia con la moto verso il centro del paesino per 1000 pesos, gli sguardi addosso questa straniera che ha vissuto qualche giorno la loro vita. su uno dei bus che percorrono la lunga e unica strada de Los Montes de Maria, mi soffermo a pensare al professor L., mi manca parlare con lui ma adesso sono più forte e lo ringrazio per le volte che mi ha incoraggiata a prendere lo zaino e a non aver timore dei miei sogni. Guardo fuori e quei monti si sono trasformati: sono casa, hanno la forma che prendono le cose quando sono tue, dejavu, come se fossero sempre state lì dentro di te, come se le avessi già viste in sogno.

Penso a come dare un volto a chi un volto l’ha cercato per anni tra i piedi del letto, nascosti per soffocare il frastuono della paura quando lì fuori, in quelle notti buie la violenza spegnava le luci del villaggio, e il segno inequivocabile che erano arrivati a prendersi i sogni. “Ho passato la mia infanzia con il materasso sopra la testa, per ripararmi dai colpi di guerrilleros pieni di sè o paramilitari spietati” mi dice N. sul bus che mi porta a El Carmen.

ph Lory Strano
Ha una fisarmonica con sè, a breve allieterà un intero villaggio con la musica, perchè qui non si è mai fermata, anche durante il conflitto da varie voci ho ascoltato che si continuava a suonare che la violenza ha sempre lasciato spazio a quella bellezza dell’arte, della poesia, delle canzoni. è così intuitivo ci diciamo io e N, se la solitudine in Colombia si scacciava con la musica, la pace si costruirà con quella. C’è bisogno di una colonna sonora che suoni qualcosa di diverso, che esorcizzi il dolore, la pace è fragile, delicata e ha bisogno di un cuore pulsante che riaffermi l’identità che lasci andare le ferite del passato.

Mi risuonano le parole del prof L., la sublimazione dell’arte può tutto, Los Montes de Maria sono anche altro, c’è danza, c’è ritmo, i racconti di dolore si devono anche ballare.

Continuo verso il Carmen, la mia ricerca dell’altra faccia della storia segue, scendo dal bus e mi aspetta E., un giovane fotografo che avevo conosciuto a un incontro sulla memoria storica. Si è fatto prestare la moto da un amico per portare in giro la sua amica gringa e farle conoscere quel lato nascosto dei monti che ti arriva all’anima. Tra le foglie più verdi che abbia visto e una leggera piogge che ci coglie impreparati, scorgo la casa colorata rosa e blu del leader pacifista sopravvissuto ad anni di tempeste.
“Pacificamente siamo riusciti a ridurre l’ondata della violenza, qui in questo punto del monte non funzionano telefoni, anni fa non li avevamo neanche, eppure trovavamo un modo per comunicare tra noi contadini per difenderci. Se qualcuno veniva minacciato, ci presentavamo tutti a casa sua disarmati ma con
Varie volte è stato inserito in programmi speciali di protezione che si trasformavano semplicemente in un gilet antiproiettili e in un filo diretto con le forze dell’ordine. Tutte cose che lui non ha mai utilizzato, credendo di più nel movimento per la pace che abita la parte più alta del monte, un tempo rifugio perfetto per gli attori della violenza.
Questo stesso movimento ha organizzato una grande marcia di contadini verso Cartagena per rivendicare diritti ancora non garantiti in tempi di pace. I politici hanno fermato l’avanzata andando incontro alla gente, con cui hanno poi stilato un documento di 91 su cui lavorare insieme.
Anche questo è Montes de Maria, coraggio di voler cambiare le cose nella solitudine a cui non ci si rassegna.
W. mi presta degli stivali per lasciare la casa accerchiata dal fango della pioggia battente, io e E. torniamo a ritroso verso la moto che avevamo abbandonato a metà strada tra gli alberi nel silenzio.
lo ascolto e ha un suono meraviglioso, quello che hanno i miracoli umani.
Domani ne incontrerò un altro e questa volta sarà donna.

Leggi gli altri capitoli del reportage sulla Colombia di Lorenza Stano cliccando qui

LORENZA STRANO – Appassionata di giornalismo e viaggi, instancabile volontaria per diverse associazioni e organizzazioni locali e internazionali, Lory Strano si è lanciata dopo la triennale in comunicazione nel mondo della cooperazione internazionale. Nel 2016, anno di conseguimento della laurea magistrale in Cooperazione e Sviluppo, è passata dal lavorare per una Ong ambientalista in Spagna a fare la ricercatrice per una università in Sud America. L’ultima tappa è stata la Colombia,  da dove racconta l’esperienza di una siciliana alle prese col mondo dei diritti umani in un paese lacerato dal conflitto e con tutte le carte in regole per fare la storia con il processo di pace.

 

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