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La sindrome fibromialgica: aspetti normativi

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La sindrome fibromialgica: aspetti normativi

La sindrome fibromialgica è una patologia insidiosa in quanto difficile da riconoscere. Infatti, la fibromialgia si caratterizzata da un dolore muscolo-scheletrico, i sintomi con cui si manifesta, presentano analogie con altre patologie (emicranie, mal di schiena, ecc. ), che vengono valutate dal medico curante come manifestazioni di singole patologie e non come unica.

La sindrome fibriomialgica impedisce alle persone che ne sono affette di svolgere una vita normale con notevoli e gravi ripercussioni anche nella quotidianità, comportando una certa riduzione della capacità lavorativa.

Occorre premettere che, in Italia i soggetti che sono affetti da minorazioni congenite o acquisite, anche a carattere progressivo che abbiano subito una riduzione permanente della capacità lavorativa non inferiori a 1/3 e, se minore degli anni 18 che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età (art. 2, L. n.118/71).

In Italia, il riconoscimento dello status di soggetto invalido non è automatico, ma l’interessato deve inviare per via telematica una apposita richiesta all’INPS, che provvederà ad indicare una data per la convocazione a visita dell’istante dinanzi ad un delle commissioni mediche nominate e presenti sul territorio.

Successivamente, il richiedente lo status di invalido civile si dovrà presentare dinanzi alla Commissione Medica presso l’ASL di riferimento, alla presenza di un medico dell’INPS e, all’esito della visita, la commissione redigerà un verbale, che potrà essere positivo (in caso di accoglimento della domanda) o negativo (in casi di rigetto).

Il predetto verbale verrà comunicato al soggetto interessato che potrà, nel termine perentorio di 180 giorni presentare ricorso dinnanzi all’Autorità Giudiziaria competente, richiedendo un accertamento tecnico preventivo (A.T.P.) ex art. 445 bis c.p.c.

I malati di fibromialgia, nel nostro Paese non ricevono la giusta tutela in ambito previdenziale, con evidenti limitazioni sull’accesso alle cure o ad eventuali benefici di tipo economico, sebbene a sindrome fibromialgica sia stata riconosciuta dalla Organizzazione Mondiale della Sanità già nel 1992.

In molti paesi della Unione Europea la fibromialgia, a differenza dell’Italia, è stata già riconosciuta quale patologia invalidante, permettendo ai soggetti che ne sono affetti di accedere a cure sanitarie e ad eventuali benefici di tipo economico.

Decisivo è l’iniziativa del Parlamento Europeo, che nel 2008 (dichiarazione 69/2008) ha riconosciuto la fibromialgia come malattia estremamente invalidante.

Di certo, si assiste a una ingiustificata ed illegittima differenza di trattamento tra cittadini europei in quanto in Italia i malati di fibromialgia non godono degli stessi diritti, delle cure ed assistenze degli altri cittadini europei.

Un possibile riconoscimento della fibromialgia quale malattia invalidante potrebbe determinare tra i malati l’accesso al beneficio pensionistico determinato con l’accertamento dell’invalidità.

Riconoscere in modo ufficiale la condizione di invalido civile alla persona affetta da sisdrome fibriamolgica significherebbe godere dei benefici economici (pensioni, indennità ) e/o fiscali (permessi ex L. n. 104/92, assistenza sanitaria, agevolazioni fiscali, inserimento nelle liste delle categorie protette per il collocamento obbligatorio).

Purtroppo, in Italia, poiché la fibromialgia non è riconosciuta nell’elenco delle malattie invalidanti, nessun riconoscimento dei predetti benefici potrà essere riconosciuto al richiedete in sede di commissione medica.

Paradossalmente, la Commissione medica interpellata a decidere dello status di invalido civile potrebbe in presenza della Sindrome fibromalgica, attribuire al richiedente una determinata percentuale di invalidità valutando sole le singole manifestazioni della patologia (emicranie ed .ecc) e non valutandole come una patologia unica, appunto una sindrome.

Di recente, il Tribunale di Termini Imerese, Sez. Lav. E Prev., seguito di un ricorso ex art. 445 bis c.p.c. ha riconosciuto la fibromialgia quale malattia invalidante, giusto decreto di omologa del 25.05.2017 n.1116/2016).

Nel caso di specie un donna, affetta da fibromialgia, a causa dei dolori sofferti non poteva svolgere la propria attività di artigiano e, pertanto, l’Autorità Giudiziaria ha riconosciuto una riduzione della capacità lavorativa.

Il riconoscimento ottenuto dinnanzi al Tribunale di Termini Imerese risulta alquanto importante e potrebbe fungere da precedente in ulteriori azioni giudiziarie di riconoscimento della malattia ai fini dell’invalidità.

Purtroppo, tutte le iniziative legislative in merito al riconoscimento della fibromialgia quale malattia invalidante sono rimaste priva di riscontro, basti pensare che nel nostro Paese la commissione Sanità del Senato ha portato l’esame del ddl n.1323/14 avente ad oggetto il riconoscimento della fibromialgia quale malattia invalidante, ma senza alcun riscontro positivo!.

Per il Consiglio Superiore della Sanità la fibromialgia è una patologia cronica, invalidante in alcuni casi e non necessariamente permanente e, pertanto, non può essere inserita nell’elenco delle malattie croniche di cui al D.L 329/99.

L’Italia, mancando di provvedere ad una tutela nei confronti delle persone che soffrono di fibromialgia, palesemente agisce in contrasto dell’artt. 3 e 32 della Costituzione, nonchè dell’indirizzo comunitario.

Bisogna incoraggiare anche le singole realtà regionali a richiedere al governo di agire in un fronte comune seguendo l’indirizzo comunitario per un facile accesso dei soggetti affetti da tal patologia ai necessari benefici economici e sanitari.


Il Consultorio dei diritti MIF, grazie al contributo della Counselor Federica Marcianti, della farmacista Valentina Provenzano e dell’avvocato Giovanna Zizzo propone un’analisi multidisciplinare di tale patologia, approfondendone gli aspetti legati a:

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GIOVANNA ZIZZO –  Avvocato penalista e civilista iscritto al foro di Palermo, dopo il conseguimento della laurea ha conseguito il diploma presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali G. Scaduto.  Ha prestato la propria attività in favore di privati, di Enti Pubblici e come consulente di imprese, non trascurando le problematiche sociali e, soprattutto, i minori. Ha sempre lavorato con schiettezza e rispetto per il prossimo, ritiene che la professione legale debba essere esercitata avvicinando i cittadini alla legalità e alla giustizia. Pronta a collaborare con altre figure professionali per una crescita personale. Ama la lettura e viaggiare, convinta che cultura e conoscenza, oltre alla consapevolezza che il mondo muta nei suoi equilibri, siano la chiave del dialogo.

 

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