Le patologie della cura e le forme di intervento
È facile immaginare quali conseguenze possono verificarsi su bambini ed adolescenti nel momento in cui il ruolo genitoriale diventa insano a causa di atteggiamenti e comportamenti che alla lunga rientrano in quelle che vengono definite “patologie della cura”.
In un mondo dalle grandi trasformazioni tecnologiche, di grandi sconvolgimenti sociali ed anche di considerevoli mutazioni dei valori e dei ruoli, le cure dei figli rappresentano per i genitori una scommessa e una sfida da affrontare, che mette in crisi il ruolo genitoriale stesso.
Se prendiamo in considerazione anche il fatto che non esiste più un modello familiare unico, bensì una molteplicità di modelli familiari, ci rendiamo conto di quanto non sia facile per l’adulto approcciarsi a situazioni e contesti così diversificati, utilizzando atteggiamenti univoci e collaudati, dovendo invece essere pronti ad adattarsi alle varie situazioni, individuando di volta in volta l’approccio più adatto, la metodologia educativa più idonea, la relazione pedagogica più efficace ad una dinamica sana.
La famiglia da sempre ha rappresentato il luogo nel quale vengono apprese in maniera implicita e tramite l’esempio, regole sociali, atteggiamenti comportamentali, valori morali.
La famiglia è sempre stata la prima cellula sociale, la prima agenzia educativa e di socializzazione capace di avviare i piccoli alle sfide della grande società, al confronto con coetanei e componenti di altre età, nonché all’assunzione di comportamenti adeguati alle diverse circostanze.
Il ruolo genitoriale oggi, nella migliore delle ipotesi, vive una grave crisi… nella peggiore delle ipotesi invece, si ammala delle diverse patologie delle cure, ovvero atteggiamenti educativi compromessi, che rischiano di avere gravi ripercussioni sui minori.
Si tratta in questi casi di famiglie violente, famiglie fragili, multiproblematiche, con gravi disagi sociali ed economici, famiglie conflittuali, coppie di adolescenti ancora troppo centrati sulla propria età…facili a cadere nell’errore, mettendo in atto comportamenti educativi non sani, cronicizzabili in modo irreversibile.
Le patologie della cura le possiamo classificare in: incuria, discuria, ipercura.
- L’incuria è l’atteggiamento educativo di chi pratica poche cure, sino a trascurare il figlio sia dal punto di vista fisico che psicologico e sociale. Bambini che vanno a scuola senza lo zainetto, senza la merenda, con il viso non sciacquato.. bambini con evidente deprivazione alimentare o al contrario forme alimentari così errate da causare obesità e malattie ad essa connesse; bambini che dormono sul banco, che indossano abiti sgualciti e sporchi, che si chiudono in sé, che cercano affetto, che non sanno socializzare…
- La discuria è un atteggiamento educativo gravemente inadeguato, che porta il genitore a comportarsi nei confronti del figlio in modo assolutamente controproducente. Si tratta ad esempio di un eccessivo lassismo, di un accondiscendere ad ogni richiesta… o al contrario di una sottovalutazione dei bisogni, o dell’utilizzo di forme comunicative e correttive violente e poco rispettose della dignità altrui.
- L’ipercura è l’altra forma patologica della pratica educativa, che paradossalmente si pone in netto contrasto con la crescita del minore, laddove non riconosce i bisogni di autonomia, libertà, intraprendenza, stima di sé, e che soffoca il corretto sviluppo, sino a condizionare l’individuo e a renderlo dipendente. Mamme ansiose, eccessivamente scrupolose, padri timorosi o possessivi, potrebbero rendere, al figlio che cresce, la vita impossibile.
Le conseguenze delle patologie della cura in alcuni casi diventano drammatiche, sino a trasformarsi in vere e proprie forme di maltrattamento, fisico e/o psicologico.
Ma cosa fare quando una famiglia attiva forme e atteggiamenti relazionai così disfunzionali da dover temere per lo sviluppo o addirittura per la vita minore? Quando uno dei genitori si accorge che l’altro non riesce a mantenere il sano ruolo genitoriale e degenera in forme gravi di abusi? Cosa fare se qualcuno sospetta pericoli all’interno di un nucleo familiare e gravi rischi per un bambino e/o un adolescente, che vive in quella casa? O quando sente le grida, i litigi, i pianti, e osserva i visi dei componenti?
È comprensibile pensare di rivolgersi ai servizi sociali, e che come prima cosa tutelare il minore maltrattato, iniziando su di lui un percorso di recupero rivolto al suo benessere fisico-psichico e sociale. Qui gli interventi infatti vanno dall’allontanamento dalla famiglia, alle diverse forme di affido, ed alla presa in carico psicoterapeutica laddove necessario.
Ma cosa succede alla famiglia? Quali forme di aiuto possono attivarsi? Davvero perderà la tutela del figlio? davvero non avrà modo di recuperare al danno agito? È possibile che ci siano stati motivi, sempre e comunque ingiustificabili, che l’hanno indotta a sbagliare, e che potrebbero essere analizzati e risolti?
Esistono diverse forme di intervento per il recupero della genitorialità, che hanno proprio l’obiettivo di risanare gli atteggiamenti educativi, sino a raggiungere lo scopo del rientro del minore in famiglia.
È il cosiddetto “intervento sulla famiglia maltrattante”, che nelle sue diverse forme e strategie, si pone le seguenti finalità:
- Rendere il/i genitore/i consapevole/i della gravità dei fatti, facendo una approfondita analisi della realtà ed una disamina dei motivi che hanno portato all’errore
- Educare alla genitorialità sana, recuperando il ruolo in maniera pertinente e amorevole
- Modificare gli atteggiamenti disfunzionali e attivare modalità educative efficaci alla relazione, nonché al rientro del minore nel focolaio domestico.
Si precisa che questo è solo un aspetto di un problema più ampio, che tratteremo nella sua interezza negli approfondimenti successivi. Prosegui la lettura con il prossimo articolo cliccando qui
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