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Quattro chiacchiere con Giovanni Falcone

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Quattro chiacchiere con Giovanni Falcone

E poi…

…e poi accade che mi ritrovo, non so come, su una terrazza sul mare: il sole inizia lentissimo il suo percorso per sparire oltre l’orizzonte.

Un tavolino, due sedie, un posacenere di cristallo nel mezzo.

Mi accendo una sigaretta per farmi compagnia e, proprio in quel momento, una mano si poggia sopra la mia spalla. “Posso?” 
Prego…” rispondo, o per meglio dire balbetto.
E rimango a bocca aperta, a fissare il mio nuovo ospite.

Preso da una inconscia confidenza dico: “Dottore ma è lei? Ma che ci fa qua?”. Si siede accanto a me e, fregandosene della mia domanda, mi dice di nuovo: “Posso?

Indica, questa volta, il mio pacco di sigarette. 
Certamente! Si serva pure” 
Ne prende una sfilandola dal pacchetto direttamente con la bocca, l’accende, fa il primo tiro e, guardando verso il mare, mi dice:
Neanche dall’alto si gode un mare del genere, nonostante gli anni mi fa sempre lo stesso effetto…
Infatti Dottore”, rispondo, “da quando Lei…beh insomma, da quando è successo quello che è successo non è che sia cambiato granché qui…anzi…e non mi sto riferendo al mare”.
Butta un occhio verso di me, senza staccare la sigaretta dalle labbra.
Tu dici?
Perché, mi vuole dire che è servito a qualcosa?
Scusami cosa vorresti dire?

Il suo tono e la sua faccia si tramutano ed io inizio a provare un forte senso di disagio.
Cosa vorresti dire con questo? Che secondo te, perché qualcosa potesse cambiare o si smuovessero le coscienze, bisognava che Io, Paolo e gli altri picciotti facessimo quella fine?! Credevi questo?!
Non dico una parola.
Tu, mi sa che sei come tutti gli altri. Hanno in rosso il 23 ed il 19 sul calendario, e poi basta. Bravi, vi faccio un applauso! Ma lo volete capire che qua non siamo morti per cambiare nulla? Siamo morti perché ci hanno semplicemente ammazzato…Continuate così, ricordate solo i giorni delle bombe, delle stragi, della paura, dello strazio…Bravi, complimenti. A che ci siete brindate pure come hanno fatto certi personaggi…”.

No Dottore, io questo non glielo concedo. Qua non c’è nessuno che brinda o che festeggia, sono semplicemente momenti importanti per non dimenticare e per poterci concedere un profondo momento di riflessione, per cercare di migliorarci come persone e come Stato”.
Arrivò u paraculo”. Niente, neanche questa risposta gli piace, a questo punto mi arrendo.
Dottore mi scusi, e cosa dovrei fare?” 
Prima di fare dovresti pensare!
In che senso?” 
Nel senso che non esiste buona azione se non viene preceduta da un buon pensiero.

Vedi Robè, qua se come dici tu le cose non cambiano è perché nessuno ci pensa. Ogni tanto qualcuno in questi giorni si sveglia, come se fosse la mattina di Natale, e si ripromette di essere più buono.

Ma non funziona così.

Qua c’è bisogno di un lavoro serio, in primis su se stessi e poi su gli altri, soprattutto su quelli che non hanno goduto della possibilità di poter studiare, di vivere in un contesto sociale di un certo tipo. Se i tuoi genitori non ti avessero dato certi valori, ma ti avessero pigghiatu a bastunate dalla mattina alla sera, ca to matri avìa a stari muta, ca to frate s’avìa a buscari u pani addumannano piccioli ai cristiani ca parcheggiano, tu fussi accussì?

La risposta è talmente ovvia che non me la sento neppure di rispondere.
Qua la cosa fondamentale non è soltanto che la giustizia e gli apparati che ne fanno parte facciano il loro dovere, o far fuori tutti i nemici…Qua c’è da fare una rivoluzione culturale! Bisogna lavorare lì, dove certi valori non esistono. Predicare in chiesa è facile, farlo fuori è difficile…ed è lì che dovete puntare! Qua altrimenti ci uccidete ogni giorno. Ma non è tanto questo, quanto non vi rendete conto che vi state uccidendo l’anima…ogni volta che ti giri dall’altro lato, che ti pieghi, che pensi <<tantu a mia chi mi cancia>>… ti uccidi l’anima!

Ma non solo la tua  (che alla fine possono pure essere cazzi tuoi) ma quella dei tuoi figli e dei figli dei tuoi figli. La dovete smettere di pensarci solo quando ricordate come ci hanno fatto saltare in aria.

Ti rendi conto che tutti parlano della strage di Capaci, della strage di via D’Amelio…ma ce ne fosse uno che ricordasse tutto quello che è stato prima di quei momenti: cosa abbiamo fatto il 20 maggio, il 3 aprile, il 4 marzo! Nessuno! Probabilmente ricordarlo non conviene, non conviene ricordare cosa volevamo fare veramente, cosa volevamo comunicare alla gente. È più facile poggiare un fiore sotto un albero e dire la solita frase <<Per non dimenticare>>! Per poi alla fine dimenticare tutto il giorno dopo”.

È stanco in volto, pallido…

Quasi scarno.

Fa l’ultima boccata.

Spegne la sigaretta nel posacenere.

Si gira e, per la prima volta durante quel colloquio, mi sorride.
Che c’è, sei preoccupato?
Dottore, e come dovrei essere?
Lo capisco, però non ti preoccupare…prima o poi deve finire. Non durerà per sempre, per il semplice fatto che nessuno di noi dura per sempre eheheh…

Pausa. “Scherzi a parte, nonostante tutto c’è comunque qualcosa di bello che resiste e rimane. Come questo mare. Come questo tramonto. E, come questo mare e questo tramonto, ci sono e ci saranno comunque generazioni che si batteranno veramente per qualcosa di importante, per qualcosa di puro, di pulito e di onesto. Arriveranno i temporali, le mareggiate, ma alla fine…guarda..è sempre qui: sempre più bello”.

Restiamo in silenzio a contemplare l’ultimo barlume di luce andare via.

Si gira di nuovo e mi dice “Ne posso prendere un’altra prima di andare via?
Tenga pure il pacchetto” rispondo.
Mi ringrazia.

Ci salutiamo con due baci sulla guancia.

E poi…

…e poi mi sveglio.
Sul mio comodino non c’è più il pacchetto di sigarette.

Non ho idea se, ciò che è accaduto, è accaduto solo nella mia testa mentre dormivo o chissà in quale parte del mondo…so solo che sentivo il bisogno di raccontarlo e che, realmente, non ho più trovato il pacchetto di sigarette al mio risveglio.

Da lassù, magari, se ne sta fumando una anche per me.

 

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